14 de enero de 2011 | Noticias | Derechos humanos | Luchadores sociales en riesgo
Durante le ultime settimane migliaia di persone hanno manifestato in Tunisia e Algeria, mosse dalla crisi economica che colpisce entrambi i paesi, generando aumenti dei prezzi degli alimenti e tagliando le possibilitá di lavoro per i giovani.
In Tunisia il governo risponde ancora una volta facendo uso della repressione, la quale é una realtá quotidiana per la popolazione del paese, composta in gran parte da contadini e piccoli commercianti. Le cifre ufficiali parlano di meno di venti morti nei disturbi, mentre i sindacati e le organizzazioni sociali stimano che il numero sia di circa di cinquanta morti.
Le proteste sono scoppiate lo scorso 17 dicembre in solidarietá con Mohamed Bouazizi, quando questi si era immolato nella localitá di Sidi Bouzid come forma di denuncia dopo che la polizia gli confiscasse la frutta e la verdura che vendeva per strada. Il giovane di 26 anni era un laureato che, avendo cercato per molto tempo lavoro senza successo, vendeva per la strada per la propria sussistenza e quella della sua famiglia.
Nonostante la crudeltá della repressione le rivolte non si sono fermate, e potrebbero far cadere il governo degli ultimi 23 anni di Zine al-Abidine Ben Ali, conosciuto per la disuguaglianza e la corruzione. Il regime di Ben Ali é valso alla Tunisia l’epiteto di “Stato di polizia”, secondo quando consta nei cavi diplomatici rivelati dal sito di ricerca Wikileaks.
Nel frattempo in Algeria piú di tre persone sono morte e circa mille sono state arrestate durante le proteste provocate da un aumento repentino dei prezzi degli alimenti, che hanno fanno fatto salire i prezzi di prodotti come la farina, lo zucchero e l’olio del 30% negli ultimi giorni.
Come in Tunisia, i manifestanti esigono inoltre misure per ridurre la disuguaglianza e la corruzione, e cambiare la matrice delle politiche economiche in modo piú profondo rispetto a quello proposto dal governo per moderare l’aumento dei prezzi.
Tradutrice: Giorgia Scurato
Foto: http://www.enlucha.org/
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