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21 maggio 2006 | | |

Saramago difende i mapuche, Bachelet le multinazionali

di Marcos Roitman Rosenmann

La presidentessa del Cile, Michelle Bachelet, indossa un abito azzurro e si trova a suo agio. Il suo ambasciatore, il democristiano Enrique Krauss –voluto da Endesa e da Martín Villa, suo attuale direttore generale, al governo di Ricardo Lagos- s’incarica di depennare dalla lista ed eliminare ogni persona molesta durante il ricevimento ufficiale per gli intellettuali e gli esponenti della cultura che il regno di Spagna offre alla sua invitata.

La segretaria di Stato per la Cooperazione Internazionale, Leire Pagin, e la ministra per la Cultura, Carmen Calvo, accompagnano alla Casa de América l’ospite con due discorsi pieni di promesse. Tuttavia, prima che la presidentessa del Cile prenda la parola, come previsto, parlerà il premio Nobel per la Letteratura, José Saramago.

Ma l’intervento, grazie alla sua intelligenza, spezza la dinamica insignificante e vuota dell’atto. La sua improvvisata architettura discorsiva fa supporre un insperato cambio di rotta. Il volto della presidentessa del Cile perde il colorito rosato e impallidisce, sono le 10:30 della mattina del 10 maggio 2006. Il suo viaggio diventa meno piacevole. Si sente scomoda, disturbata dal discorso del premio Nobel portoghese. Il suo sguardo chiede delle spiegazioni. E il seguito che l’accompagna capisce che il letterato lusitano sta oltrepassando il limite: dall’etichetta agli espliciti atti di accusa alle autorità cilene. I mormorii degli invitati indicano opinioni contrastanti. Alcuni appoggiano lo scrittore e sorridono complici. Altri si schierano apertamente con la presidentessa e affibbiano allo scrittore portoghese il consueto aggettivo di comunista. La delegazione cilena s’incupisce e l’ambasciatore Krauss, ex ministro dell’Interno, insieme a Frei Montalva, uomo grigio, oppressore e corrotto che ha partecipato alla trama civile del golpe militare contro Salvador Allende con il fratello Jaime, generale dell’esercito attualmente sotto processo per aver torturato fino alla morte nel campo di concentramento di Pisagua sette militanti di sinistra, lo insulta insieme ai suoi accompagnatori. Dentro di sè Krauss pensa che è stato un errore, accettare l’idea della ministra della Cultura, Carmen Calvo. La sua proposta era più sensata, l’oratore doveva essere Mario Vargas Llosa, Carlos Fuentes o Jorge G. Castañeda. Non vale la pena rischiare l’immagine del Cile e la sua politica estera per uno scapestrato che approfitta di ogni occasione per screditare il paese, le istituzioni e la sua democrazia. I discorsi etici che trattano l’attività dei governi sulla concertazione in materia di violazione dei diritti umani, quando si tratta della popolazione aborigena, è una questione che non risponde alla realtà del XXI secolo. Si deve procedere allo sterminio e all’erradicazione tramite l’etnocidio. Oggi si applica la legge antiterrorista ai mapuche e li si condanna per aver difeso i loro territori e la loro cultura. Ma cosa ha dato fastidio alla presidentessa del Cile e al suo ambasciatore, così come alla ministra e alla segretaria di Stato?

Il discorso di Saramago è passato sotto silenzio, e anche la stampa spagnola, cilena ed estera lo nasconde senza dargli alcuna importanza. La presidentessa Bachelet non ha neppure contestato il suo interlocutore, dimostrando la sua insensibilità nei confronti di uno sciopero della fame che potrebbe concludersi con la morte dei mapuche sottoposti ad un giudizio privo di garanzie e con gravi lacune procedurali anche nel suo svolgimento.

Così glielo ha fatto sapere Saramago: "Voglio chiederle di concentrare la sua attenzione sui mapuche(...) Parlo della loro condizione di mapuche e di cileni, e di come i diritti dei cileni sembrano non riguardarli(...) Questi abitanti nativi che sono stati estromessi da tali diritti, sono ora attaccati dalle multinazionali che vengono ad espropriargli le terre per costruire industrie", e ha proseguito... "Io le chiedo che quanto sto per dirle non venga riferito alle autorità, ma c’è stato un tempo in cui sono andato in Cile e ho partecipato ad una riunione clandestina con una comunità mapuche, e quando ho lasciato il Cile, mi sono reso conto che quei mapuche erano stati arrestati ed erano in carcere...". Ha poi fatto riferimento alla democrazia e ai suoi valori per la protezione degli esseri umani.

La risposta della presidentessa è stata laconica di fronte alla realtà che colpisce il popolo mapuche. Non ha dedicato neppure un minuto. Ha detto solo, nel peggiore stile populista, che il tema delle popolazioni indigene è sempre stata una questione di profonda preoccupazione. Ma stava nascondendo la realtà. Conosce la situazione del popolo mapuche, doveva dare una risposta alla politica di sterminio ed etnocidio riconosciuta dalla relazione del relatore per il Cile alle Nazioni Unite, Rodolfo Stavenhagen, nel caso di Endesa e la nona regione, senza dimenticare lo sciopero della fame, che da due mesi viene portato avanti dai quattro dirigenti incarcerati e sul punto di morire.

Espropriazione delle terre, false accuse, arresti illegali, accuse e giudizi in applicazione della legge antiterrorista. Il colonialismo interno è una pratica che definisce oggi l’attività dei governi sulla concertazione. La presidentessa ha difeso lo stato di diritto e la proprietà privata, le azioni delle forze dell’ordine, la legalità vigente e i diritti dei latifondisti. Ogni giorno i mapuche vengono sottoposti ad una politica di oppressione, visto che le loro terre sono ricche di risorse naturali, flora e fauna. Le multinazionali si sono alleate con i governi per mettere fine ai popoli e alle culture indigene tramite la violenza estrema. Nel XIX secolo, Bartolomé Mitre disse a Sarmiento che di umano l’indio aveva solo il sangue di color rosso. Oggi, in pieno secolo XXI, in Cile, Michelle Bachelet continua a prendere alla lettera questa affermazione, nella guerra contro il popolo mapuche, solo che ora sono le multinazionali a sostenerla. Presidentessa, non risparmi sangue di mapuche, ciò che hanno di umano è il rosso del loro sangue, per questo si può prescindere da questa specie.

Grazie, Saramago, per il coraggio.

* Pubblicato su La Jornada di Città del Messico.

Traduzione di Sonia Chialastri, rev. Daniela Cabrera - Progetto Terre Madri –Traduttori per la Pace – Radiomundoreal –www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

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