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29 giugno 2006 | |

Protesta contro la cartiera spagnola ENCE all’entrata dell’assemblea degli azionisti

Oggi a mezzogiorno manifestanti hanno chiesto il ritiro della cartiera dall’Uruguay a causa dell’impatto ambientale e sociale delle sue attività. L’azione svoltasi di fronte al Casino di Madrid si colloca all’interno della settimana di lotta sociale “Rompiamo il Silenzio”.

Madrid-28 giugno 2006. La compagnia ENCE (Empresa Nacional de Celulosa Española) vuole costruire in Uruguay una grande cartiera. Come società civile crediamo che questo progetto non dovrebbe essere realizzato a causa dei gravi impatti ambientali e sociali che comporterebbe.

Inoltre, il governo spagnolo, attraverso CESCE e ICO, pianifica uno scandaloso appoggio finanziario con denaro pubblico senza consultare gli oltre 70.000 interessati. La campagna “Non vogliamo l’ENCE in Uruguay” ha ottenuto – finora – che l’ENCE non ricevesse l’appoggio di CESCE e ICO né della Banca Mondiale. La protesta di oggi davanti all’Assemblea degli Azionisti di ENCE si svolge in collaborazione con l’Assemblea cittadina ambientalista di Gualeguaychú e la CEDHA che sono a capo della resistenza contro le cartiere in Argentina.

Il presidente uruguaiano, Tabaré Vázquez, ha dichiarato ieri che ENCE ha confermato la sua intenzione di costruire la cartiera, proprio quando circolavano le voci di una possibile sospensione del progetto. "È la questione dei finanziamenti che porta l’ENCE a tale decisione", sottolinea l’Assemblea Cittadina Ambientalista di Gualeguaychú. La costruzione dell’impianto della ENCE, come dell’altra similare finlandese Botnia, sul lato uruguaiano di un fiume che separa questo paese dall’Argentina, è sfociato in un conflitto tra i due governi generato dalle più grandi manifestazioni ecologiste nella storia argentina.

L’Argentina teme che le fabbriche contaminino l’ambiente e ha anche accusato l’Uruguay davanti alla Corte Internazionale dell’Aia di aver permesso

l’avanzamento dei progetti senza prima aver presentato le relazioni di impatto ambientale e le consultazioni obbligatorie. Gli impatti ambientali del progetto saranno, qualora si dovesse realizzare, numerosi e gravi. Tra questi, l’inquinamento atmosferico (forte odore di composti di zolfo), l’estrazione di grandi quantità di acqua dal fiume Uruguay; la coltivazione di grandi estensioni di monocolture forestali (nella fattispecie eucalipto) e la conseguente perdita della biodiversità; la produzione di diossina durante il processo di sbiancamento e la fabbricazione di biossido di cloro altamente pregiudizievole per la salute umana; la generazione e lo spargimento di prodotti di scarto, con relativo rischio di inquinamento dell’acqua utilizzata per bere e della distruzione delle risorse della pesca e degli ecosistemi acquatici, che sono quelli che danno il sostentamento a molte comunità locali della regione.

L’ENCE ha già gravi precedenti con istallazioni simili, ed è stata condannata nel 2002 a Pontevedra per reato ecologico continuato per aver provocato danni irreparabili all’ambiente, alle risorse naturali e alla salute delle persone.

Ancora, e soprattutto, le problematiche ambientali e sociali derivano dal modello forestale che favoriscono il consolidamento e che sono associate a tali impianti. Nel caso dell’Uruguay l’ENCE avrà bisogno di 100.000 ettari di piante per ottenere il legname necessario per la produzione della cellulosa, attualmente terre coltivate e praterie – l’ecosistema più importante dell’Uruguay-, il che genera problemi di disponibilità di acqua e conseguente abbandono della zona rurale.

A prescindere da questi impatti ambientali e sociali, lo stato spagnolo ha da sempre appoggiato le attività dell’ENCE in Uruguay attraverso varie concessioni di credito dell’Instituto de Crédito Oficial (ICO). Anche ora che il conflitto ha acquisito una dimensione internazionale l’ICO sta valutando la possibilità di finanziare l’iniziativa con un totale di 350 milioni di dollari per questo investimento- una operazione diretta dal Direttore generale per il Commercio di Investimenti del Ministero per l’Industria, il Turismo e il Commercio Óscar Vía Ozalla -, e dalla CESCE (Compañía Española de Seguros de Crédito a la Exportación), impresa con funzioni delegate dallo stato, sta valutando se assicurare la totalità del progetto. La possibilità di dare esecuzione a tale appoggio con risorse pubbliche da parte del governo spagnolo è stato duramente criticato da numerosi associazioni raggruppate nella campagna ¿Quién debe a quién?.

L’ENCE porterà a termine questa settimana una prima tappa preparatoria per la costruzione nonostante non sia definito l’inizio della fase successiva. Inoltre, secondo la stampa locale, l’impresa starebbe aspettando il risultato del ricorso preventivo di sospensione dell’opera presentato dall’Argentina alla Corte Internazionale dell’Aia settimane addietro. Sembra che l’ENCE potrebbe spostare il suo impianto di 30 km perché la vicinanza che ci sarebbe con quello della Botnia aumenta il timore di una eventuale contaminazione e ostacolerebbe il finanziamento pubblico. L’ENCE deciderà il 9 luglio se continuare i lavori della cartiera, data in cui si presume che verrà resa nota la sentenza della Corte Internazionale. La decisione dell’Aia inciderebbe direttamente sulla decisione della Banca Mondiale e dell’ICO circa i prestiti richiesti dall’ENCE.

Crediamo che i lavori dell’ENCE riprenderanno quando la Banca Mondiale e il governo spagnolo approveranno i finanziamenti. Perciò allargheremo la campagna contro la cartiera per impedire il finanziamento finalizzato alla costruzione dell’impianto.

Campagna ¿Quién debe a quién?

Per maggiori informazioni: http://www.quiendebeaquien.org/rubr...

Contatti: 619 94 90 53 (Tom Kucharz, Ecologistas en Acción) - 669 48 14 62 (Miquel Ortega, ODG).

Foto: http://www.rompamoselsilencio.net Traduzione di Sonia Chialastri - Progetto Terre Madri - Traduttori per la Pace - Radiomundoreal - www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

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