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22 maggio 2006 | |

I prigionieri Mapuche hanno ricominciato lo sciopero della fame

Mentre organizzazioni sociali di tutto il mondo appoggiano la “causa dei quattro prigionieri politici Mapuche”, questi ultimi hanno deciso venerdì scorso di ricominciare lo sciopero della fame, dopo un’ulteriore “condotta a tradimento” da parte del governo cileno.

Secondo un comunicato diffuso dagli scioperanti – i quali sono stati 63 giorni a digiuno chiedendo la propria scarcerazione - il governo cileno “ha tradito ancora una volta” la buona volontà dei nativi attraverso “inganni e menzogne”.

Il comunicato dei prigionieri Mapuche dichiara che “tutte le accuse” contro di loro sono “false”, e che sono state inventate a partire da una prospettiva legale di carattere “razzista e discriminatorio”. Aggiungono inoltre che nella loro “lotta per la libertà” stanno “mettendo a rischio” la propria vita.

I quattro attivisti Mapuche si trovano in carcere accusati di essere gli autori di un attentato contro la compagnia forestale Mininco nel 2002.

I giudici cileni hanno condannato i Mapuche a dieci anni di prigione e a pagare una considerevole somma di denaro come indennizzo alla compagnia.

Un comunicato divulgato dalla coalizione ‘Forum Sociale per la Democrazia’, solidale con i prigionieri Mapuche, denuncia che le istituzioni dello Stato cileno si basano su “criteri discriminatori, repressivi, razzisti, classisti e indolenti”. Aggiungono che mediante meccanismi del genere gli apparati dello Stato “si sono storicamente scontrati con la legittima lotta del popolo Mapuche per i propri diritti”.

Le organizzazioni firmatarie della dichiarazione dichiarano inoltre che la Mininco occupa terre “storicamente appartenenti” alle comunità indigene fin dai “tempi ancestrali”.

Denunciano che l’impresa ha utilizzato forze militari del regime dittatoriale, con a capo il leader di estrema destra Augusto Pinochet, per cacciare le comunità indigene nel 1977.

Secondo quanto dichiarano questi gruppi, la situazione dei quattro prigionieri in sciopero di fame costituisce un “mancato compimento della promessa” pronunciata il sei gennaio dalla presidentessa Michelle Bachelet, quando assicurò che durante il suo mandato sarebbe terminata la “criminalizzazione del popolo Mapuche”.

“Com’è possibile che dopo tutto questo, si possa affermare che in Cile sia vigente un vero Stato di diritto? Di quale democrazia stiamo parlando?”, concludono le organizzazioni cilene nel proprio comunicato.

Fonti: http://www.mapuexpress.net/ http://www.nodo50.org/azkintuwe

Tradotto da Arianna Ghetti rev. Daniela Cabrera –Progetto Terre Madri – Traduttori per la Pace – Radiomundoreal – www.terremadri.it - www.traduttoriperlapace.org

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