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3 novembre 2009 | | |

Stati divisi

Funzionari statunitensi esercitano pressioni per mettere fine alla crisi honduregna mentre i repubblicani appoggiano il golpe

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La delegazione degli alti funzionari che l’Esecutivo democratico degli Stati Uniti ha inviato in Honduras questa settimana si è riunita ieri a Tegucigalpa con il presidente deposto, Manuel Zelaya, e con il mandatario di fatto, Roberto Micheletti.

Oggi si conosceranno, in una conferenza stampa, i pareri di questa delegazione nella sua visita in Honduras – composta dal sottosegretario di Stato per l’America Latina, Thomas Shannon, il segretario aggiunto del Dipartimento di Stato, Craig Kelly, e l’assessore della Casa Bianca per l’America Latina, Dan Restrepo.

L’agenzia ANSA ha informato che Shannon aveva avvisato che esistevano conseguenze economiche e diplomatiche per Honduras se non si stipulava un accordo politico prima delle elezioni nazionali, previste per fine novembre.

Da parte sua il presidente Zelaya ha ratificato che la delegazione statunitense gli aveva espresso questa opinione, in dichiarazioni al locale Canale 36. Ha aggiunto che se si realizzassero i comizi durante la dittatura non si riuscirebbe a terminare con la crisi, e ha segnalato che queste elezioni sarebbero una frode.

Mentre si realizzavano le riunioni con i funzionari statunitensi in Honduras, negli Stati Uniti un gruppo di imprenditori del paese si incontró con legislatori repubblicani per fare pressioni sul governo del democratico Barack Obama, esigendo al Dipartimento di Stato la sospensione suo avvertimento sui viaggi verso l’Honduras.

Gli imprenditori hanno ottenuto l’appoggio dei legislatori conservatori, capeggiati dai rappresentanti anticastristi di origine cubana Lincoln Díaz Balart e Ileana Ros-Lehtinen. Tanto gli imprenditori quanto i repubblicani sono d’accordo nell’appoggiare la dittatura di Roberto Micheletti.

“È inconcepibile che l’amministrazione del presidente Obama continui a rifiutare di riconoscere il diritto all’autodeterminazione del popolo honduregno nelle prossime elezioni presidenziali di novembre, dato che non stiamo parlando della Siria o di un altro paese terrorista, ma di un paese latinoamericano, alleato e democratico”, ha dichiarato Ros-Lehtinen all’agenzia Associated Press.

Da parte sua, il collega Díaz Balart ha detto che era “molto impressionato e orgoglioso delle istituzioni (honduregne), della resistenza della gente alle pressioni degli Stati Uniti e della comunità internazionale”.

La comunità internazionale è stata contundente nel suo rifiuto al colpo di Stato honduregno, il quale è stato assolutamente condannato dalle organizzazioni sociali locali che, nonostante la repressione del regime, si sono mosse per esigere il ristabilimento della democrazia.

traduttrice: Giorgia Scurato

Foto: http://www.cubadebate.cu

(CC) 2009 Radio Monde Réel

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