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20 marzo 2010 | Interviste | Foro Social de los Montes Azules | Foreste e biodiversità | Diritti Umani
La preminenza che ha acquisito l’asse estrattivo di risorse naturali nel processo internazionale di accumulazione di capitale moltiplica in maniera esponenziale il conflitto per il territorio e per la terra.
La situazione che attraversano le comunità indigene del Chiapas e che motiverebbe la realizzazione di un Forum Sociale nella zona selvatica di Montes Azules, aumenta la catena di conflitti che vengono accompagnati da parte di varie organizzazioni vincolate con l’ambientalismo e la lotta per i Diritti Umani.
Fondato dall’ex Vescovo di San Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz, il Servizio e Consulenza per la Pace (Serapaz) nasce come strumento per il monitoraggio e l’intermediazione della rivolta zapatista del 1994 de oggi compie un ruolo importante nella consulenza legale dei processi di resistenza allo sfollamento delle comunità.
La pratica sistematica dell’espropriazione, la repressione e l’esclusione delle comunità indigene del Chiapas che quella rivolta di eco globale evidenziò rimangono intatte. In questo senso le imprese che cercano di avere profitti con la biodiversità, con il legname pregiato, con le risorse minerarie o idrologiche non fanno differenze e colpiscono allo stesso modo le comunità che sono cosiderate “irregolari”, siano esse zapatiste o no.
Dolores González di Serapaz ha partecipato al Forum al quale hanno preso parte le comunità vicine a Candelaria, dopo giornate di marcia per le montagne del sud messicano, e decine di rappresentanti attraverso voli aerei dai municipi di Comitán, San Quintín e altri circondando la Selva Lacandona.
Intervistata in questa località dove i giorni cominciano con le nuvole radenti il suolo e le scimmie urlatrici rompono la tranquillità della notte arroccati agli alberi secolari, Dolores ci offre un’analisi chiara su cosa ottengono le imprese transnazionali nella Lacandona con il consenso e la complicità delle autorità politiche messicane.
“Sono le comunità che dovrebbero prendere la prima decisione sulle strategie di conservazione delle risorse esistenti dato che il governo propone progetti di ecoturismo che non hanno offerto garanzie nelle zone in cui sono stati applicati”, segnala Dolores.
Nel suo intervento di sabato 6, Dolores ha elencato alcune delle sfide che le organizzazioni e le comunità che lavorano nella selva dovranno assumere per la formazione di un fronte comune di azione che possa fermare le espropriazioni.
“Tutti i fattori di divisione delle comunità provengono da fuori”, ha commentato a Radio Mundo Real al momento di fare un bilancio della importanza del Forum e le sue conseguenze.E si è riferita a quando le comunità comincino ad avere una dipendenza importante dai fondi pubblici con carattere individuale, o quando vi siano in seno alle comunità dispute per fattori esogeni, ma anche alla migrazione – recente nel caso del Chiapas – come fattori dissolventi e che spieghino le divisioni che non piacciono a nessuno ma che allo stesso tempo nessuno nasconde.
“Quando una tazza si rompe in due parti è facile ricomporla, ma quando si frantuma... ciò che dobbiamo cercare di fare è accompagnare processi di alleanze più possibili che un processo di unità”, ha esemplificato Dolores.
Il problema della terra e del territorio in Chiapas ovviamente ammette vari piani di analisi. Per i contadini rappresenta la differenza tra la vita e la morte, ma anche per le organizzazioni politiche nella zona come l’EZLN e i partiti tradizionali messicani è la misura della sua sopravvivenza.
La membra di Serapaz crede che l’avvicinamento verso un fronte comune che faccia fronte alle espropriazioni passi per il riscatto dell’identità primaria si indigeni senza terra prima che per i compromessi tra le organizzazioni di cui queste comunità possano far parte.
Tradutrice: Giorgia Scurato
Foto: Carlos Dardón
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