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27 de julio de 2009 | | |

Honduras resiste

Cresce la repressione del governo di fatto contro il movimento che reclama la restaurazione della democrazia

Da venerdì il presidente Manuel Zelaya – deposto da un colpo di Stato quasi un mese fa, lo scorso 28 giugno – si trova nel passo Las Manos, alla frontiera tra Honduras e Nicaragua. Da lì con un megafono si dirige sia alle persone che si sono riunite per riceverlo sia alla stampa, che amplifica le sue parole a livello internazionale.

“Il presidente lo elegge il popolo”, reclama Zelaya aggiungendo che gli honduregni non accetteranno mai un governante che non sia stato eletto attraverso le urne, come l’attuale mandatario di fatto, Roberto Micheletti.
Al luogo dove si trova sono arrivate centinaia di persone, nonostante la forte militarizzazione della zona e lo stato d’assedio imposto dalla polizia e dai militari. Attualmente più di mille persone stanno affrontando un’emergenza umanitaria reale, dato che l’Esercito e la Polizia impediscono ai manifestanti di ricevere alimenti e acqua, ciò ha obbligato molti di loro a bere da fonti contaminate e a mangiare qualsiasi cosa, mettendo a grave rischio la propria salute.

Il governo di fatto ha esteso il coprifuoco con l’intenzione di smobilitare la popolazione. Inoltre il coprifuoco offre alle forze golipiste una scusa per detenere chi partecipa alle proteste pacifiche, i quali vengono accusati di violare questa misura illegittima.

Precisamente con questo reato è stato arrestato per varie ore durante il fine settimana il dirigente di Via Campesina Honduras Rafael Alegría, anche se all’inizio il regime golpista aveva negato che fosse detenuto. Vari giornalisti della stampa internazionale, però, hanno potuto fotografarlo in una piccola cella nella quale erano presenti altri 45 manifestanti, smentendo ancora una volta le dichiarazione delle autorità di fatto. Tra i detenuti vi erano donne e minori di età, e quando i giornalisti hanno cercato di avvicinarsi alla cella al grido di “libertà” dei prigionieri, sono stati caricati dalle forze di polizia, che inoltre hanno provato a rompere la macchina fotografica della giornalista venezuelana che aveva fotografato Alegría.
Ma la violenza del regime golpista non finisce qui; sabato è stato trovato il corpo del giovane Pedro Magdiel Muños, di 23 anni, con segni di tortura e con più di 40 ferite da arma bianca.

Muñoz è stato descritto da César Ham, diputato del partito di sinistra Unificazione Democratica, come un “eroe della resistenza popolare”, e decine di persone hanno onorato la sua memoria intonando l’inno dell’Honduras domenica durante il suo funerale.

“Saranno molti, Honduras, i tuoi morti, però tutti cadranno con onore”, cantavano in coro le distinte voci al funerale del giovane. Due poliziotti armati in borghese si sono recati sul posto, ma sono stati subito scoperti dalla gente, la quale li ha ricevuti al grido di “Assassini!”.
È stato l’intervento di Alegría ad impedire che la situazione peggiorasse, interponendosi di fronte alla provocazione della polizia che si era presentata al funerale di Muñoz.

“Nemmeno ci lasciano seppellire in pace un nostro morto”, ha detto il dirigente di Via Campesina Honduras, come scrive il quotidiano messicano La Jornada. Stanco, sudato e proteggendo gli agenti infiltrati con il proprio corpo – dimostrando ancora una volta che il movimento di resistenza è totalmente pacifico – Alegría ha scortato gli ufficiali a una caserma vicina.

traduttrice: Giorgia Scurato

Foto: EFE

Bastiones de Resistencia en la Capital
(CC) 2009 Radio Mundo Real

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