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25 giugno 2009 | |

Scade l’impunità

Il processo di annullamento della legge di prescrizione in Uruguay

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A fine giugno inizierà ufficialmente in Uruguay la campagna per promuovere un referendum molto particolare, nel quale si cercherà di annullare la legge che ha permesso ai militari che torturarono, sequestrarono e assassinarono durante l’ultima dittatura militare – che ha avuto luogo tra il 1973 e il 1985 – di rimanere ancora impuniti.

Durante circa due anni è stata realizzata una campagna di raccolta firme per effettuare il referendum che permetta annullare questa norma, conosciuta come Legge di Prescrizone della Pretesa Punitiva dello Stato, e che fu adottata nel clima di timore ancora palese in Uruguay durante gli anni successivi al recupero democratico.

La campagna è terminata lo scorso 24 aprile, raggiungendo il numero di 340 043 firme, che risulta abbastanza significativo se si considera che il paese ha all’incirca 3 milioni di abitanti. Per questo motivo abbiamo parlato con vari attori coinvolti nel processo di annullamento della legge, i quali ci hanno raccontato, dalla loro posizione, una parte della storia; tanto la recente, che ha iniziato a definirsi da quando si è raggiunto il numero di firme, quanto l’altra storia, tante volte messa a tacere durante gli ultimi anni.

Una delle persone con le quali abbiamo parlato è Sara Méndez. È stata un’attivista politica durante tutta la sua vita e ha diretto la sua attenzione specialmente all’area dei diritti umani. Durante la dittatura Sara dovette andare in Argentina, dove più avanti fu catturata – dato che le dittature del cono sud collaboravano – e, mentre stava in prigione, i militari le tolsero suo figlio, Simón Riquelo.

Sara Méndez ci diceva:

“Quella repressione non aveva riguardi verso i bambini, i bambini delle persone sequestrate, e anche le donne incinte, venivano sequestrati. Le forze repressive si appropiavano dei bambini, le donne incinte partorivano i loro bambini, i militari aspettavano il momento del parto e poi le facevano sparire e si appropiavano dei bambini nati in cattività. Mio figlio, che aveva solo 20 giorni quando arrivarono a casa mia e mi sequestrarono, lo fecero sparire; solamente 26 anni dopo l’ho potuto ritrovare. 26 anni di ricerca intensa, molto prolungata. Questa è, riassumendo, la mia storia personale, e oggi ciò che ci ha motivato è stato parlare della fase in cui ci troviamo. Senza dubbi la ricerca di mio figlio in particolare, ma anche essere stata parte di questa forma repressiva di sparizione forzata, l’avere tuttora decine di compagni, amici, compagni di militanza che risultano scomparsi, dei quali la maggiorparte erano giovani di poco più di vent’anni, mi ha portato al coinvolgimento diretto nel campo dei diritti umani; e dalla mia uscita dal carcere di Punta Rieles fino ad oggi ho militato nel campo dei diritti umani.

Sara ha spiegato perchè considera importante annullare la legge che permette l’impunità.

“È stata promossa una riforma costituzionale per ottenere l’annullamento di questa legge, oggi ancora vigente in Uruguay e che ci sta limitando, a parte l’aver potuto avanzare in alcuni casi perchè avvenuti all’estero o perchè erano civili gli esecutori; ma il grosso dei casi rimangono all’interno della legge di prescrizione. Incluso il caso di mio figlio; non ho mai potuto sapere chi lo sequestrò, come avvennero i fatti. Semplicemente attraverso un’indagine particolare l’abbiamo potuto trovare, però si mantiene il silenzio e il segreto: lo dico come un esempio di fatti nei quali magari succede qualcosa di più grave, come quando una persona risulta scomparsa. Questa riforma costituzionale proposta oggi credo sia una grande sfida, per gli anni che sono trascorsi e perchè dimostra che ancora c’è una coscienza civica nel nostro popolo che propone che una legge così aberrante, la quale permette l’impunità di persone che hanno commesso crimini contro l’umanità, venga cancellata dal nostro codice. E che permetta non solo che non si punisca, ma che non si possano conoscere i fatti, perchè anche la verità continua ad essere sequestrata. Pensiamo che il paese stia in una fase molto importante, ed è importante informare al di fuori, per la speranza che esperienze dure come questa possono dare ad altri popoli.”

Un’altra delle persone con le quali abbiamo parlato è lo scrittore e drammaturgo Ignacio Martínez. Nel momento in cui si è verificato il golpe militare in Uruguay, Ignacio era un militante molto giovane, ma nonostante la sua giovane età venne perseguito e dovette soffrire l’esilio, come molti altri militanti e artisti in quell’epoca. Attualmente Ignacio lavora nella campagna di annullamento della legge e, come ci spiega, lo fa perchè quelli che abbiano commesso delitti vengano processati, ma anche considerando che l’annullamento promuove che ciò che accadde non si ripeta in futuro.

Ignacio Martínez ci raccontava:

“Sento un’obbligazione morale nel lavorare per coloro che furono i miei amici, i miei fratelli, che sono morti, che sono scomparsi, che hanno sofferto, ma anche e fondamentalmente per i miei figli, i miei nipoti, e quelli che verranno, mi sentirei tremendamente afflitto se tra 30 o 40 anni qualcuno dicesse che il popolo uruguaiano in questa prima decade del secolo XXI non è stato capace di eliminare una legge che danneggia tantissimo le prossime generazioni. E perchè le danneggia tanto? Perchè genera l’antecedente secondo il quale lo Stato può fare leggi che creano cittadini di primo e di secondo grado”.

Con questo Ignacio Martínez si riferiva al fatto che tuttavia la legge crea differenti tipi di cittadini; alcuni che possono venire giudicati per i loro delitti e altri che no. Anche contro questo si promuove l’annullamento. Questa visione del futuro forse spiega meglio perchè migliaia di giovani che non hanno vissuto nel periodo della dittatura hanno deciso di compromettersi nel processo di annullamento. Loro sono stati quelli che, nel giorno in cui si è riusciti a raggiungere il numero di firme, hanno organizzato una festa per celebrarlo nella spianata dell’Università della Repubblica; lo stesso luogo dove negli anni precedenti al golpe – in cui la repressione già era ricorrente – furono assassinati durante una manifestazione gli studenti Hugo de los Santos e Susana Pintos. E anche se la maggioranza di quelli che stavano nella spianata dell’Università in aprile non hanno vissuto quell’epoca, si sentono parte di questa storia, e ciò li porta a voler cambiare questa realtà che ancora garantisce l’impunità.

Mariana Licandro, studentessa militante della Federazione di Studenti Universitari dell’Uruguay, e membra della Coordinazione Nazionale per la Nullità della Legge di Prescrizione, l’organizzazione che è stata creata per riunire i principali movimenti del paese con l’obiettivo di terminare con questa legge, ci diceva:

“Da un lato il processo è stato abbastanza difficile e in salita, perchè abbiamo iniziato con tutto il tema della raccolta firme nel 2006. In quel momento abbiamo creato la Coordinazione, e nell’ultimo periodo c’è stato moltissimo lavoro, perchè le firme arrivavano all’ultimo momento; nell’ultimo mese sono arrivate 80 000 firme. C’è stato molto lavoro, molta organizzazione e, per fortuna, dal luogo dove abbiamo lavorato noi, dalla Federazione di Studenti Universitari dell’Uruguay, si sono uniti tantissimi compagni giovani, e questo da una parte ti gratifica, nel senso che non siamo pochi i giovani ai quali interessa abbatterel’impunità. E anche il giorno della consegna delle firme è stata un’emozione che ci ha colmati tutti, perchè abbiamo terminato il 24 aprile con una festa nella spianata dell’Università della Repubblica dove abbiamo riunito più di 5000 giovani, e stare lì circondati da 5000 giovani, con diversi artisti che hanno partecipato in forma solidale, nello stesso luogo dove hanno sparato a Susana Pintos e a Hugo de los Santos, quel momento è stato molto emozionante. Ed era emozionante pensare a noi giovani più o meno dai 18 a 23 anni che, anche se abbiamo una libertà limitata, abbiamo il diritto di poterci espressare pubblicamente e pensare che compagni della federazione di studenti, del movimento studentesco degli anni ’60 e ’70 non lo hanno mai potuto fare”.

La mobilitazione della quale parlava Mariana, durante la quale migliaia di giovani hanno festeggiato per ore, si collega ad un’altra che si celebra ogni 20 maggio, in commemorazione dell’assassinio dei legislatori Zelmar Michelini ed Héctor Gutiérrez Ruiz, e di Rosario Barredo e William Whitelaw, avvenuti in Argentina nel 1976.

Questa mobilitazione ha luogo nella via principale della capitale uruguaiana Montevideo, 18 de Julio, e consiste in una marcia silenziosa in cui ogni anno si possono vedere i familiari delle persone scomparse (desaparecidos) portando cartelli con le foto dei visi dei loro cari assassinati dal regime militare. La mobilitazione, chiamata “Marcia del Silenzio”, è terminata con la lettura dei nomi di chi ha perso la vita a causa dell’attività repressiva della dittatura, dopodichè il silenzio è stato rotto da un applauso. E tra gli applausi si sentiva la voce dello scrittore Mario Benedetti, morto recentemente, pronunciando il poema che aveva scritto per gli scomparsi, nel quale diceva che devono stare da qualche parte, “là nel sud dell’anima”.

Per finire Mariana ci parla di quali saranno i seguenti passi:

“Ora in Uruguay inizia il periodo in cui si conclude questa tappa e se ne apre un’altra che è il voto per il “SÌ” in ottobre, assieme alle elezioni, e che oltre questa iniziativa che vuole riformare la costituzione, bisogna continuare a lottare. A parte gli strumenti giuridici e istituzionali che possiamo avere per abbattere l’impunità, bisogna continuare a lavorare in altri ambiti, nelle organizzazioni sociali, mobilitandoci, denunciando le pratiche passate e che, ancora oggi si ripetono”.

traduttrice: Giorgia Scurato

(CC) 2009 Radio Monde Réel

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