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23 dicembre 2009 | Notizie | Energia e cambiamento climatico | COP 15
Con varie azioni e attività finisce questo venerdì a Copenhagen il Klimaforum, che ha riunito movimenti e organizzazioni sociali di tutti i continenti per far sentire le loro richieste alle negoziazioni ufficiali della COP 15 del Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite.
Durante il pomeriggio gli organizzatori danesi del Klimaforum realizzeranno un atto simbolico in cui passeranno il comando alle organizzazioni messicane e di vari paesi del continente americano perchè organizzino l’attività parallela alla COP 16 del prossimo anno in Messico.
Per quanto riguarda la COP 15, che dovrebbe finire oggi, il presidente boliviano Evo Morales ha proposto un referendum mondiale sul cambiamento climatico, vista l’improbabilità di accordo a Copenhagen per le profonde differenze nella maniera di vivere dei paesi industrializzati e non.
“Dato che qui non possiamo metterci d’accordo, voglio chiedervi, per discutere in seno alle Nazioni Unite, una forma di risoluzione non a livello di capi di Stato, bensì dei popoli del mondo: un referendum mondiale sul cambiamento climatico”, ha detto.
Morales ha proposto di chiedere alla popolazione mondiale se è d’accordo con 1) ristabilire l’armonia con la natura, 2) cambiare questo modello di eccessivo consumismo e spreco, 3) che i paesi sviluppati riducano le loro emissioni per limitare l’aumento della temperatura a un grado Celsius, 4) destinare al cambiamento climatico un bilancio preventivo superiore a quello che viene destinato alla Difesa, 5) la creazione di un tribunale di giustizia climatica che giudichi coloro che commettono crimini contro la Madre Terra.
“Dato che vi sono profonde differenze da presidente a presidente, consultiamo al popolo e facciamo ciò che dice”, ha concluso Morales.
Da parte sua il ministro dell’Ambiente del Paraguay, Oscar Rivas, ha assicurato che il pianeta continuerà a surriscaldarsi per le maniere di produrre, consumare e trattare la natura. Ha manifestato che “gli Stati principalmente responsabili (industrializzati) delle cause dirette del riscaldamento globale non si stanno assumendo le proprie responsabilità storiche per il crescente debito sociale e ambientale che stanno accumulando ai danni dei popoli più vulnerabili, generando una situazione di ingiustizia che debe essere urgentemente invertita.”
Il rappresentante del governo paraguayano ha considerato che la lotta al cambiamento climatico “è una lotta per la giustizia mondiale”, oltre ad essere una lotta per la sopravvivenza.
Rivas ha richiesto ai paesi sviluppati di ridurre almeno del 49% le proprie emissioni di gas domestici con effetto serra per il 2017 rispetto ai livelli del 1990. Inoltre ha reclamato che offrano risorse finanziarie sufficienti e il trasferimento di tecnologia di cui hanno bisogno “i nostri paesi per raggiungere la sostenibilità del nostro sviluppo”.
Allo stesso modo, Amici della Terra Internazionale ha emesso un comunicato affermando che i paesi sviluppati sono colpevoli della mancanza di un significativo passo avanti nelle negoziazioni fino a questo momento.
La ex presidente di Amici della Terra Internazionale, Meena Raman, ha detto: “i paesi in via di sviluppo non sono il problema qui, semplicemente stanno chiedendo ai paesi sviluppati che compiano con i loro obblighi. Questo significa compromettersi con nuove mete per ridurre le proprie emissioni, in linea con ciò che dice la scienza, rifiutando il risarcimento e proporzionando fondi ai paesi in via di sviluppo per l’adattamento e la mitigazione”.
“I paesi ricchi non hanno compiuto con le scadenze stabilite quest’anno per concordare nuove mete nella riduzione delle proprie emizzioni, e ora osano incolpare i paesi in via di sviluppo per l’attuale stagnazione”, ha detto un membro di Amici della Terra Malasia.
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